L’unicorno, una favola per l’emofilia

L’incontro

Come vi ho già detto in precedenza, io ho un carissimo amico emofilico, quindi quando ci è arrivato l’invito di una presentazione di una favola per i bambini che ha lo scopo di sensibilizzarli sull’argomento, lo abbiamo accolto con grande entusiasmo.

Per me un ulteriore motivo di entusiasmo è stato poter ascoltare questa favola letta da Lella Costa, un’attrice che ho sempre amato fin da bambino.
All’interno della splendida location di “Bagni Misteriosi” a Milano, Io, Enrico e Raffaella assieme a tante altre famiglie abbiamo avuto la possibilità di ascoltare questa favola e di apprendere qualcosa in più su questa malattia che conoscevamo ma forse non abbastanza.

La Storia

Il nostro unicorno della favola non ha un nome, è tutto bianco e ha le scarpe rosse. La mamma ha paura che possa sporcarsi, che possa rompersi il corno, provando a fare tutte le cose che fanno tutti gli altri animali. Ma lui non è come tutti gli altri, è speciale, anche se gli piacerebbe tanto essere come tutti gli altri. Ma lo sappiamo tutti che l’unicorno è speciale, un po’ magico grazie al suo splendido corno.

La nostra favola però non è come tutte le altre, non si conclude con “e vissero tutti felici e contenti” ma ha un finale aperto.
Solo il nostro piccolo unicorno dalle scarpe rosse, potrà decidere il proprio destino.
Potrà decidere di starsene tranquillo, in modo da non sporcarsi, come gli ha sempre raccomandato la sua mamma; potrà diventare un eroe come il suo papà e buttarsi nella mischia, senza preoccuparsi di potersi sporcare; oppure mentre dorme, un elfo andrà a svitargli il corno.

Gli unicorni sono tra noi!

Dopo aver letto la favola ed esserci confrontati con Giulia Orecchia, l’illustratrice dell’albo e Patrizia Zerbi, Editore di Carthusia e anche un po’ “animatrice” dell’incontro, abbiamo conosciuto le famiglie degli unicorni. Si avete capito bene, unicorni! Questo progetto infatti, ha coinvolto direttamente alcuni bambini affetti da emofilia, le loro famiglie e due associazioni di assistenza ai malati emofilici, A.C.E. Milano e FedEmo.

Lo scopo

L’unicorno in questo caso, non vuole altro che essere una metafora per spiegare ai bambini questa malattia e far sì che non la vedano come un limite. Un obiettivo certamente non facile, soprattutto quando si trattano argomenti tanto delicati. Ma questa storia seppur in poche pagine, fa davvero riflettere e sono convinto che possa essere un grande risultato anche solo sensibilizzare le persone a prosi la domanda “Che cos’è l’emofilia?”

Cos’è l’emofilia?

L’emofilia è una malattia rara di origine genetica – si eredita attraverso il cromosoma X (x-linked) – caratterizzata dalla carenza di uno specifico fattore della coagulazione. L’emofilia A è dovuta alla carenza di Fattore Ottavo (VIII) e ha una prevalenza di 1 caso ogni 10.000 nati maschi, mentre nell’emofilia B si ha una carenza di Fattore Nono (IX), con una prevalenza di 1 caso ogni 30.000 nati maschi.

In genere le persone affette da emofilia oltre alle problematiche tipiche dello stato emorragico, presentano anche altre complicanze correlate alla malattia, tra cui le principali sono gli emartri, sanguinamenti che avvengo all’interno delle articolazioni (gomito, polso, caviglia, ginocchio, ecc.) e che se non immediatamente e adeguatamente trattati possono portare ad artropatia cronica e disabilità.

Attualmente il trattamento dell’emofilia avviene attraverso la somministrazione del farmaco (emoderivato o ricombinante) contenente il fattore coagulativo carente. I due principali regimi terapeutici per l’emofilia sono: la terapia “on demand” (al bisogno, cioè al momento del sanguinamento) e la profilassi, che invece prevede la somministrazione costante del fattore carente per prevenire le emorragie gravi e proteggere i pazienti. La Federazione Mondiale dell’Emofilia raccomanda la profilassi come terapia ottimale in quanto può impedire l’emorragia e la distruzione delle articolazioni. Oggi grazie alla ricerca scientifica sono disponibili fattori con una emivita (durata) prolungata, consentendo così una migliore qualità di vita.

La mia esperienza personale

L’ho già scritto su Facebook, ma mi fa piacere riportarlo anche qui:

Uno dei miei migliori amici è emofilico. Da piccoli ogni volta che gli chiedevamo di giocare a calcio con noi, la mamma ci diceva che non poteva, perché altrimenti si sarebbe potuto far male. Cercavamo in tutti i modi di convincerla, ma lei non voleva saperne, perché ci diceva che un solo graffio per lui sarebbe potuto essere pericoloso.

Così un giorno ci facemmo spiegare cosa fosse l’emofilia e ci venne un’idea: chiedemmo alla mamma di farlo giocare con noi mettendogli delle fasce su tutte le parti del corpo che fossero scoperte, in modo che non potesse graffiarsi.

Sono passati quasi 30 anni da allora ma lo ricordo come se fosse ieri. Il mio amico fece la sua prima partita con noi, era pieno di fasciature, sembrava una mummia, ma alla fine ce la facemmo e sua mamma si convinse.

Da allora cominciò ad ogni partita a togliere una fasciatura, fino a quando smise di metterle e ci dimenticammo che era malato.

L’esperienza di chi vive l’emofilia da vicino

Dopo aver letto il mio post, la compagna del mio amico mi ha lasciato un commento che ritengo possa regalare un’ulteriore riflessione a tutti noi:

Bello sapere di iniziative di questo tipo, soprattutto quando si parla di questa malattia/non-malattia che pochi conoscono o che al massimo viene erroneamente associata ad un semplice taglio che non smette di sanguinare…

In realtà l’ EMOFILIA è tutt’altro ed è bene fare chiarezza sull’argomento soprattutto in paesi come il nostro in cui una delle tante contraddizioni che ci rendono ITALIANI è proprio questa: Sei emofilico? Ok non sei abbastanza “sano “ per i concorsi nelle forze armate, ma nemmeno abbastanza “malato” per essere dichiarato invalido, cammini senza il bisogno di una carrozzina, ma a 30 anni ti ritrovi con le articolazioni di un 70enne e a dover cambiare protesi con la stessa frequenza con cui si cambia un’auto!

Per fortuna io ne conosco uno di emofilico che da più di 11 anni fa parte della mia vita e con lui anche la sua SINGOLARITA’ ,la mia lezione di vita giornaliera, il mio eroe, che a mo’ di spada, sguaina il suo laccio emostatico per rendere tutto meno doloroso e che come tanti si accontenta di questo “male minore”( magra consolazione).

L’ emofilia non è una malattia è una forma mentis, un’attitudine e che spesso mi ricorda le parole di un famoso film: E IO (EMOFILICO)? IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO! 

“L’unicorno” è un albo illustrato di Beatrice Masini e Giulia Orecchia e scritto con la collaborazione di bambini emofiliaci e delle loro famiglie. Sarà disponibile alla vendita da gennaio 2019.
Edito dalla casa editrice Carthusia, questo albo è stato fortemente voluto da Sobi, azienda biofarmaceutica dedicata alle malattie rare, la cui missione è fornire accesso a trattamenti innovativi, ma anche, con questo progetto, fornire supporto ai bambini affetti da queste patologie ed ai loro genitori.

Post in collaborazione con Carthusia, con il supporto incondizionato di Sobi  

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