Perché a mio figlio dico sempre “A papà”! (IO, MIO PADRE E MIO FIGLIO)

IO, MIO PADRE E MIO FIGLIO

Io sono napoletano e già da quando mio figlio era ancora nella pancia della mia compagna, io mi rivolgevo a lui dicendogli “a papà”.
Probabilmente c’era da aspettarselo considerando che già quando a 12 anni son diventato zio, mi rivolgevo alla mia nipotina dicendole “Rita a zio”.
Alla mia compagna questo termine non piace e non so se sia per il fatto che lo reputi troppo “territoriale” oppure troppo “arcaico”, sta di fatto che ancora adesso ogni qualvolta dico “Enrico a papà” lei storce il naso.
Eppure a me è uscito subito naturale, forse perché il mio papà si è sempre rivolto a me in questo modo ed io lo amavo tanto e allo stesso modo amo mio figlio.
Amavo la sua eleganza, i suoi baffoni, la sua straordinaria intelligenza ma soprattutto amavo il fatto che pur essendo un bambino, mi abbia sempre trattato come se fossi un adulto, con rispetto e tanto amore. In quelle rare volte in cui si è arrabbiato con me, non mi ha mai messo una mano addosso, non mi ha mai sgridato e quando mi rimproverava lo faceva in tono fermo e tranquillo, cercando di farmi ragionare su ciò che avevo fatto, riuscendo nel suo intento ogni volta.
Ho tanti ricordi del mio papà, anche se se n’è andato quando avevo 12 anni.
Quando sono nato io, lui aveva già quattro figli (di cui tre da un primo matrimonio) e probabilmente io ero quello meno previsto e desiderato. Mia mamma (con la quale oltre a me ha avuto un altro figlio) mi dice sempre che quando è nato mio fratello, mio padre, pur avendo già tre figli ormai grandi, aveva timore a toccarlo, a prenderlo in braccio, come se fosse la prima volta per lui. Quattro anni dopo, quando nacqui io, tutte le sue paure erano scomparse, mi prendeva in braccio, giocava e parlava sempre con me…. tra noi c’era un legame speciale. Diceva che ero “il figlio della vecchiaia” perché mi ha avuto a 45 anni. Di questi tempi è più frequente che un uomo diventi padre dopo i 40 anni, ma considerando che quando nacque il mio primo fratello, lui ne aveva solo 27, si capiva perché mi dicesse così.
Io da piccolo ero abbastanza maturo, papà mi chiamava “il vecchietto” perché spesso gli facevo delle domande che nessuno si aspetterebbe da un bambino. Gli chiedevo cose del tipo “Non è che dopo quattro figli, ti sei pentito di aver avuto me?” E lui ogni volta mi guardava, mi sorrideva, mi baciava, mi abbracciava e mi diceva ” Ma sei pazzo a papà? Tu sei la mia vita!”
In 12 anni, da che ho memoria, si è ammalato soltanto due volte. Una volta, quando avevo circa 10 anni, gli venne la febbre. Ero seduto sul suo letto a fare i compiti, quando all’improvviso mi disse “Diego a papà, in futuro potrebbe accadere che un giorno, addormentandomi, io possa non svegliarmi più, tu però non dovrai piangere, hai capito?”, la mia reazione fu tragica, cominciai a piangere come una fontana, allorché mia mamma si arrabbiò con mio padre, dicendogli che non era il caso di dirmi una cosa del genere. Lui, senza nemmeno ascoltarla mi disse “Mi prometti che non piangi a papà?” E io, ancora con le lacrime agli occhi, gli dissi “Si papà!”
Poi successe, due anni dopo, dopo 3 mesi di malattia, papà non si svegliò più!
E io non piansi, o meglio, lo feci, ma di nascosto da tutti, senza che nessuno potesse vedermi, avevo fatto una promessa!
Successivamente non versai nemmeno una lacrima, tanto che i miei parenti ebbero il coraggio di dire a mia madre che io non mi rendevo conto di ciò che era successo, perché mi comportavo in modo normale, ma io avevo fatto una promessa!
Anche successivamente, quando io e mamma eravamo rimasti da soli, non ho mai pianto, nemmeno una volta, anzi cominciai a sorridere allo scopo di far sorridere anche mia madre. Con gli anni il mio carattere cominciò a cambiare, non ero più un vecchietto, ma cominciai a diventare un clown, un giullare, al solo scopo di intrattenere mia madre. Circa sei anni dopo la morte di mio padre, cominciai a fare l’animatore e mi riusciva benissimo, perché qualsiasi cosa accadesse, io non smettevo mai di sorridere.
Adesso ho quasi 35 anni e un figlio che a gennaio compirà due anni e la prima volta che l’ho preso in braccio gli ho detto “Ciao Enrico a papà!” e non smetterò mai di dirlo perché quel “a papà” significa ” tu sei la mia vita”, quel “a papà” racchiude una promessa: “Mai piangere!” e una promessa è una promessa!

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